Chiesa sant’Antonio Abate

Anello giallo

Questa Chiesa è la più antica della Val Tartano. Non si conosce la data di fondazione, ma è presente già in alcuni documenti del XIV secolo. Essa è citata nella visita pastorale del vescovo Niguarda, nel 1589, ed è descritta come “dedicata a S. Antonio Abate con il battistero in disuso così che bisogna asportarlo”. Inizialmente la cappella (ora dedicata alla Vergine Immacolata) era dedicata ai santi Mauro e Gottardo. Attualmente la Chiesa, risultato di vari interventi effettuati nel secolo XVII e XVIII, è ad una navata con tre campate con archi e volte a crociera. L’altare maggiore conserva una ancona lignea che corrisponde alle descrizioni settecentesche, con una tela raffigurante la Vergine in trono, incoronata, con il Bambino tra gli angeli e sormontata da una colomba. Alla sua destra S. Antonio Abate e alla sinistra san Giovanni Battista. L’altare laterale è oggi dedicato alla Vergine Immacolata di cui si conserva una tela sopra l’altare. Sempre nella cappella laterale è conservata una tela con la scena della Natività dono di Giovan Antonio Brisa e datata 1648. Sempre dello stesso committente e datata 1653 è la tela raffigurante S. Antonio da Padova, posta sopra la porta d’ingresso. Il campanile è separato dalla chiesa e collegato ad essa tramite un sagrato coperto, pavimentato in acciottolato. Il piano superiore del sagrato coperto è occupato da un locale (datato 1660) a cui si accede da una scala interna. Qui sono conservate tre tele settecentesche di buona mano, purtroppo in pessime condizioni, una raffigurante san Barnaba, un’altra la Vergine del Rosario tra santi e la terza S. Antonio da Padova che porge il Bambino alla Vergine. All’esterno, sul fianco occidentale, è posto un affresco di S. Antonio Abate e san Giovanni Battista ed è collocata una piccola cappella dedicata alla Madonna del Rosario. Nel 1885, don Luigi Guanella, in loco, scriveva: “A sublime altezza, in Vallunga, è con ossario, la Chiesa di S. Antonio che fu il primo tempio parrocchiale un dì di Tartano perché è tradizione che, i Bergamaschi venissero i primi a scavar, fra questi monti, il ferro ed a fissarvi poi residenze benevole”. (Dal libro “Volti di un altro mondo” di Dario Benetti).

Suor Maria Laura condivideva le sue origini con quattro consorelle Figlie della Croce, suor Costanza Gusmeroli, suor Emilia Gusmeroli (provenienti entrambe da questa contrada), suor Maria Silvia Gusmeroli e suor Angela Dionisia Fognini. La frase “io sono una tartanöla”, che con fierezza ripeteva suor Maria Laura alle sue consorelle, aveva un significato più ampio, deriva anche dal contesto di fede e di religiosità della Val Tartano a cui si sentiva legata, una terra che ha fornito un numero straordinario di preti e di suore (solo nel secolo scorso si contano circa cento vocazioni).

Dagli scritti di suor Maria Laura: “Figlia della Croce vuol dire che la CROCE è mia Madre. Non quella croce di legno che vedete appesa alla parete. Ma sono sposa, figlia e sorella di Gesù, non crocifisso e morto, ma vivo, risorto che mi vede, mi sente, mi vuole bene anche se non lo vedo con questi occhi. È tutto per me. È il mio Tesoro, l’Amore della mia vita e io sono un po’ come una bambina, imparo tutto da Lui, dal suo Vangelo”.