Chiesa san Barnaba

anello verde

La Chiesa è sicuramente antica e ne è documentata l’esistenza già nel secolo XIV. Può stupire che una piccola comunità di montagna disponga di un tempio degno di una città, spazioso, non privo di solennità nell’impianto architettonico generale e di pretese scenografiche di ricordo romanico nelle geometrie della luminosa facciata. La chiesa di San Barnaba è il principale simbolo di collettiva identità del paese: “casa di Dio”, naturalmente, e luogo di incontro nella comune fede, di condivisa appartenenza, di partecipati affetti e di memorie e, come spesso anche nelle più umili situazioni, scrigno di bellezze e di arte. 

Il presbiterio, con le forme solenni dell’altare sfolgorante nell’oro degli intagli del paliotto, dei gradini e dell’artistico tempietto del tabernacolo, la slanciata croce lignea dorata sulla sommità, l’esuberanza cromatica della “gloria di San Barnaba” dipinta sulla volta e gli antichi affreschi sulla parete del coro. L’organo e la cantoria con identici accurati parapetti, ornati di statuette e i finimenti dorati. Completa l’arredo l’altare in delicati marmi policromi elegantemente lavorati. La pala della Madonna del Rosario. Di particolare interesse è la tela inserita nella bella ancona marmorea dell’altare della navata sinistra, dedicata alla Madonna. Fanno corona alle immagini centrali del dipinto le scene dei 15 misteri del Rosario, in quadretti miniaturizzati ricchi di colori, presentati secondo una tecnica compositiva molto diffusa nel XVII secolo. A reggere il manto blu foderato di rosso della Beata Vergine, l’apostolo Barnaba a sinistra e Vincenzo Ferreri (?) a destra. Sullo sfondo la scena della decisiva battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 con la vittoria della flotta cristiana su quella turca, documenta una travagliata epoca vissuta con trepidazione anche nelle comunità della Valtellina. La croce processionale è il pezzo forte dell’argenteria della chiesa di San Barnaba, custodita in segreto ripostiglio, risalente al XV secolo. Alta più di 35 cm, consta di una lamina di rame accuratamente lavorata, dorata e di parti in argento. I bracci sono dotati all’estremità di un medaglione e sono ornati di una serie di pomoli distribuiti in modo simmetrico. La statua della Madonna del Carmine. Il simulacro in legno policromo e dorato, alto circa 150 cm, ogni anno per la festa della Madonna del Carmelo, lascia la nicchia dove è custodito e viene posto a lato dell’altare maggiore sotto un imponente trono tra statuette di angeli e putti. La fine eleganza della silhouette della Madonna, la dolcezza dei visi e dei misurati gesti, la ricca policromia e l’intreccio decorativo in oro delle vesti, rivelano la mano di un abile intagliatore del XVIII secolo (Gian Battista Zotti) e di un valente maestro indoratore (Matteo Quadrio). La facciata della chiesa di San Barnaba si presenta oggi dopo la radicale ristrutturazione degli anni ’50. In precedenza le dimensioni erano più ridotte, le linee tardo barocche dell’antica facciata vennero sostituite da rigide geometrie neoclassiche. (dal libro “Volti di un altro mondo” di Dario Benetti).

In questa chiesa il 31 maggio 1926 si sposarono i genitori di suor Maria Laura, Stefano Mainetti (classe 1904) e Marcellina Gusmeroli (classe 1908). Abitarono a Tartano nella contrada Rondelli fino al 1931, poi si trasferirono a Colico.

-RICORDI COMMEMORATIVI-

Papà Stefano (dal libro “La storia di Tartano” di Camillo Gusmeroli): Justus ex fide vivit – Il giusto vive della Fede. Uomo di stampo antico, cristiano severo per sé e per i suoi, fulgido esempio di lavoro indefesso e di squisita cordialità con tutti, lasciò come ricordo alla seconda moglie e ai numerosi figli la sua grande Fede in Dio e a quanti lo conobbero l’esempio della sua pietà e della sua onestà. Mamma Marcellina (dal bollettino “L’Eco di Colico” – ottobre 1939): Lasciò pure nel pianto una numerosa famiglia in ancora tenera età, la signora Gusmeroli Marcellina in Mainetti. Sposa affezionata, madre vigilante ed amorosa fu rapita al giovane marito ed ai suoi teneri figli da una forte setticemia per febbre puerperale a soli 30 anni di vita. Nel dolore lasciò oltre il marito otto figli di cui una bimba di pochi giorni.

Dagli scritti di suor Maria Laura: “2 settembre 1996: Giornata indimenticabile. È l’anniversario della morte della mia mamma Marcellina: HA DATO LA VITA PER ME. Non posso non donare, aprirmi agli altri, fidarmi di Dio… Morire per vivere di più in Lui. Ho ricordato anche il papà Stefano e il suo testamento: “Ricordati, piccola, che la cosa più importante nella vita è la preghiera”. La PREGHIERA e il DONO GRATUITO sono le mie radici familiari”.