Ritrovare a 1300 metri di quota, in un luogo raggiungibile fino agli anni ‘70 del Novecento solo a piedi e, fino agli anni ‘60, con un cammino di oltre quattro ore dal fondovalle valtellinese, le linee aggraziate di un tempio barocco è già cosa considerevole. Come non stupirsi scoprendo che la Chiesa (1652) è stata costruita da due coniugi, fattisi rappresentare in ginocchio nella tela del presbiterio, come due nobili, ma con i vestiti di due popolani. Giovan Antonio Brisa e Giacomina Raschetti ricevono il Rosario dalla Vergine con in braccio il Bambino, tra i santi Francesco, Antonio Abate, Domenico e Giovanni Battista. Sullo sfondo una finestra è aperta su un dolce paesaggio. La tela riflette già l’intenzione di realizzare la Chiesa, 12 anni prima dell’effettiva edificazione. La tela, di autore ignoto, e datata 5 aprile 1640, al termine di decenni di guerre e di conflitti religiosi che percorsero le nostre valli, in coincidenza con la Guerra dei Trent’anni. In essa si leggono le intenzioni dei committenti. Giovan Antonio, commerciante di bestiame, e il finanziatore dell’opera che si fa raffigurare sotto la protezione di S. Antonio Abate, patrono degli animali e di san Francesco. Giacomina è invece la vera committente e si fa raffigurare con san Domenico (che ha in mano il modello della Chiesa) e san Giovanni Battista. Giacomina faceva parte della confraternita del Rosario del convento domenicano di S. Antonio di Morbegno che si fece promotore di tale devozione. La chiesa, danneggiata dall’alluvione del 1987 e prossima al crollo, fu completamente restaurata grazie ai fondi della legge Valtellina nell’anno 2000. (Dal libro “Volti di un altro mondo” di Dario Benetti).
La religiosità popolare in Val Tartano si manifestava nelle abitudini di ogni famiglia con la Messa quotidiana al mattino presto, la preghiera dell’Angelus che interrompeva ogni attività tre volte al giorno e quella serale del Rosario. Una religiosità che ha alimentato l’educazione ricevuta da Teresina e che certamente ha favorito la sua vocazione. Dalla testimonianza di Amedeo, fratello di suor Maria Laura: “L’educazione alla fede di papà Stefano, per quanto piuttosto severa, pose le solide basi che non vacilleranno mai in Teresina. Il padre, che era molto esigente nell’educazione umana e cristiana dei propri figli, desiderava che tutte le mattine, prima di recarsi a scuola, partecipassero alla Messa. Soprattutto voleva da noi il massimo impegno nel rispetto della legge di Dio”. Ecco alcune frasi di suor Maria Laura, rivolte alle sue consorelle, che confermano la sua devozione alla Beata Vergine:
“Prima di lasciarci, diciamo insieme un’Ave Maria”.
“Lasciati guardare da Dio come ha fatto Maria: ha guardato all’umiltà della sua serva”.
“Andiamo a pregare insieme il Rosario… È così bello invocare insieme la Madonna! Le racconteremo le nostre necessità”